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Cindy Sherman di Piera Cavalieri

Cindy Sherman

Note biografiche:

Nasce nel 1954 a Glen Ridge nel New Jersey ultima di cinque figli. All’età di tre anni si trasferisce a Huntington Beach alla periferia di Long Island, New York. Cresce come una ragazza di provincia, con la paura della grande metropoli, dove immagina violenza e spersonalizzazione. Huntington Beach alla fine degli anni ’50 è un sobborgo metropolitano dove si sente il dovere di realizzare il sogno americano: villette a schiera, diffusione di prodotti nazionali, scuole pubbliche e famiglie bianche . Questo è l’universo che circonda la Sherman nella sua adolescenza senza stimoli culturali se non quelli della comunicazione di massa. Sherman si nutre di messaggi televisivi, di rotocalchi, di cinema e conosce il mondo attraverso di essi. Tra il 1972 e il 1976 studia pittura e fotografia presso lo State University College di Buffalo e dopo la laurea si trasferisce a New York. Ben presto si dedicherà alla fotografia trasformandola in mezzo di auto-espressione. Questo è il periodo in cui in America esplode la contestazione femminista e le artiste affermano la necessità di prendere la distanza dalla pittura che nel corso dei secoli è stata appannaggio dell’uomo. E’ in questo contesto che si forma la Sherman e la sua originalità è tangibile: non protesta contro lo stereotipo maschile della donna sensuale ma se ne appropria per interpretarlo in prima persona  in chiave ironica.  (1,2)

Cindy Sherman , Senza titolo , 1990

POETICA
Per Cindy Sherman la fotografia è al servizio delle sue idee e non viceversa, è quindi una fotografa concettuale. L’autrice  ha sempre utilizzato il suo corpo trasformato con trucco pesante , protesi e parrucche per essere modella e nello stesso tempo fotografa , inseguendo quella passione per i travestimenti che pare l’accompagni fin dall’adolescenza , età dell’incessante gioco di essere qualcosa di altro da sè.
Cindy Sherman , Untitled # 48 , 1979

 
PROCESSO CREATIVO

 Fotografa se stessa  , in self portrait,   interpretando ruoli femminili diversi collocandosi in una varietà di ambiti che spaziano dal femminismo alla storia della cultura(3,4). Dichiara però di non aver mai concepito la sua arte come un manifesto politico e femminista ma che certamente essa scaturisce dalle sue osservazioni come donna e come parte di questo contesto culturale. Sembra sempre di poter riconoscere nelle sue foto scene di grandi capolavori cinematografici ma Sherman dice di non essersi mai ispirata a nessun film in particolare ma di aver ricalcato una serie di cliché che mostrano le molteplici identità che il cinema ha dato alla donna(2)

Cindy Sherman Mrs.Claus's hands 1990

 
TEMATICA

 La protagonista è la donna alla ricerca della propria identità. Le prime opere ispirate ai film degli anni ’50-’60 evidenziano l’influenza di alcuni stereotipi culturali che hanno costretto le donne a interpretare un ruolo predefinito e rigido. Le sue immagini sembrano sempre molto familiari: la casalinga, la donna in carriera, la seduttrice o imitazioni di Marilyn Monroe , Brigitte Bardot, Sophia Loren e molte altre. Negli anni Novanta produce immagini di grande formato dove la troviamo  nelle vesti di personaggi della Rivoluzione francese, Madonne col bambino, o in grandi capolavori del Rinascimento o del Barocco.  Nelle ultime serie di opere in cui  l’artista non compare più come protagonista, mette in scena oggetti creando effetti horror piuttosto ironici. Ed è curiosa a questo proposito la successiva serie fotografica “Disasters” , immagini disgustose di improbabili cibi    dove aleggia un’atmosfera tragica di disfacimento.

Cindy Sherman, Senza titolo,1990

CONCLUSIONI

E’ come se la vera Cindy Sherman non esistesse, ma esistessero i suoi innumerevoli travestimenti che mettono in luce l’ambiguità tra realtà e finzione e la  donna in continua ricerca della propria identità. La Sherman é riuscita non solo ad individuare i “tipi” femminili o meglio a tipizzare l’universo femminile (4) ma ad interpretarlo. E’ stata considerata in tanti modi : voce del femminismo fino al suo contrario (2).

Personalmente non credo si sia fatta interprete del femminismo in senso ideologico ma che abbia messo in scena le varie identità femminili con l’uso della maschera,usanza antica di secoli.  E’ la commedia della vita che va in scena in maschera  generando smarrimento o ambiguità, ma dietro la quale possiamo immaginare dolore , incertezza , paura. In questo senso le sue immagini commuovono, perché dalla donna seducente alla  Madonna del latte ,sono tutti ruoli del femminile colti in dialettica ironica col maschio e che mi pare alludano allo sforzo e alla fatica di adattamento condotta dalle donne per la vita propria e del genere umano . La maschera stessa è un espediente per enfatizzare  un aspetto, una qualità , un‘età della vita fino a renderli immortali . Parafrasando una frase di  Pessoa sulla letteratura possiamo dire che le maschere come tutta l’arte sono la confessione che la vita non basta. Nelle immagini della Sherman vediamo i racconti che donne e uomini vogliono sentire e vedere per avventurarsi o per sopravvivere nel mondo, sono i miti dai quali ci lasciamo guidare, sono gli orizzonti dei nostri timori e delle nostre speranze, e al tempo stesso queste immagini esprimono, come fanno le maschere, anche il significato che, fra chi porta la maschera, e la maschera c’è uno scarto, c’è qualcosa che la maschera copre e rimane inespresso e sacrificato, e questo punto interrogativo è bene espresso dai travestimenti della Sherman così veri e così falsi, e l’autrice sembra raccontarci la necessità e il disagio della maschera, e come questa necessità s’insinua nella vita di tutti noi, dell’attrice come della vecchietta, perché la vita pare aver bisogno della giovane seducente e della caramellosa nonnetta, della Madonna e delle ragazze di periferia.

Cindy Sherman, Untitled#400, 2000

OPERE
 
1975-80 Untitled Film Still
1976/2000 Bus riders
1980  Real screen projection
1981 Centerfolds or Horizontal
1982  Pink Robes
1982 Untitled # 102 – #116
1985 Fairy tales
1986 – 89 Disasters
1988 – 90 History Portraits
1991 Civil war
1992  Sex pictures
1994- 1996 Horror and surrealist pictures
1994 – 1996 Mass
1997 Broken dolls
2000-2002 Hollywood/Hampton types
2003-2004 Clowns
2007 A play of selves
 
______________________________________
1) Cindy Sherman , Francesco Stocchi – Electa
2) Wikiartpedia
3) Storia dell’arte  , Gillo Dorfles e Angela Vettese – Atlas
4) La fotografia come arte contemporanea , Charlotte Cotton – Einaudi
.
 

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11 commenti

  1. Con questo Post di Piera Cavalieri sull’autrice Cindy Sherman il testo di presentazione dell’autore ha fatto un salto di qualità importante strutturandosi negli argomenti tipici dell’analisi storico-critica della fotografia, cioè: il vissuto, la poetica, il processo creativo, la tematica, le conclusioni. E’ la stessa struttura analitica che adotto per gli autori dell’anno FIAF. Piera, inizialmente, mi ha inviato un testo già suddiviso tra le note biografiche e la poetica, notando questa sua già avviata necessità di analisi l’ho semplicemente orientata a completare l’analisi. Con pochissimi consigli lei è andata molto oltre a quel che potevo immaginare.

  2. Ringrazio Piera per il suo post e l’opportunità di conoscere anche questa fotografa.
    Le fotografie della Sherman mi lasciano però un po’ “indifferente”, nel senso che non riescono a trasmettermi particolari emozioni e/o messaggi.
    A mio avviso, questo “incessante gioco di essere qualcosa di altro da sè” (come detto nella presentazione) colloca anche le sue immagini in un gioco, riducendole quindi ad essere autoreferenziali.
    La componente scenografica, il trucco del soggetto sono preponderanti e sostituiscono – a volte – l’atto della ripresa fotografica che diventa “solamente” momento di registrazione (quasi di archiviazione) del lavoro fatto.
    Proprio per questo sono immagini che – a mio avviso – hanno senso solo se collocate in una campagna promozionale e/o propagandistica, quindi necessariamente completate da un appropriato slogan e/o testo esplicativo.

  3. Le immagini di Cindy Sherman, attraverso una raffinata autoironia, ci ricordano che ‘nulla è come appare’.

  4. La fotografa in questione è arcinota, sue fotografie sono esposte anche in musei o gallerie italiane, del significato dei suoi lavori è stato più volte scritto e detto quindi non entro nel merito, mi interessa sottolineare la simbiosi donna-fotografa-corpo quale triade utilizzata negli ultimi anni frequentemente dalle donne artiste, anche fotografe, come stanno a testimoniare le molte fotografie visibili sui siti web e social network. Quella che a mio parere si può chiamare Body Photo è una forma espressiva puramente femminile, carica di molti significati culturali e sessuali dovuti anche ai condizionamenti dell’immagine stereotipata della figura femminile nella società, di cui la fotografia ha sempre ampiamente abusato, negli anni passati. Su quest’argomento sicuramente avranno da dire cose maggiormente significative le molte donne presenti nell’Agorà ma mi permetto un’ultima considerazione: il modello autoscatto di Cindy e delle artiste che si autoritraggono a mio parere è superato ed appartiene al passato. Basta guardare come si ritraggono le adolescenti tramite il telefono portatile mostrando le proprie foto sul Facebook.

  5. E’ vero che la Sherman è conosciuta a livello internazionale così come è vero che in Italia non è molto amata.Trovo interessante parlare di Body Photo e il riferimento a Facebook e a tutto ciò che ne consegue.Piuttosto , però , nella Sherman trovo più marcato l’uso della maschera , a volte anche in maniera irritante perché , esibendola , svela il cliché ma non propone una soluzione ,ed è come se ne sottolineasse sempre l’assurdità .
    Il maquillage , i tacchi alti , il colore dei capelli e molto altro sono le nostre maschere quotidiane e mi pare che queste immagini ci chiamino in causa

  6. Benvengano i nostri studi e riflessioni sugli autori noti, perchè molte volte sono famosi ma conosciuti solo superficialmente, se non addirittura letti da punti di vista funzionali ad aspetti commerciali più che artistici.
    Quando poi si entra a contatto con l’espressione del corpo le letture sono molto complesse e sempre aperte a scorci nuovi che a volte nascono dalla sensibilità soggettiva.
    Mi colpisce come Piera metta l’accento sulla maschera più che sul corpo, la ritengo molto illuminante nel caso della Sherman perchè penso che nella donna la maschera abbia un senso molto diverso da quello comprensibile dalla maschilità.
    Le poetiche certamente hanno un’epoca e là vanno collocate per essere lette, in questo senso sono eterne. Ma Cindy Sherman è tuttora in un percorso, anche alla Biennale di Venezia 2011 è riuscita a sorprendermi. Lei è un’artista concettuale in continua evoluzione e la sua opera va letta in questo complesso contesto. Altri generi d’immagini, come quelle indicate da Maurizio, sono fenomeni di comportamento femminile che hanno un’altra natura e quindi altri significati, non confrontabili con la Sherman per la loro diversità nel processo creativo dal quale nascono.

  7. Grazie a Piera per la presentazione puntuale e mirata di una fotografa che non conoscevo. Sono lavori dove quello che non esiste diventa realtà e la realtà è, in un gioco di apparenze diverse, un album di tante modelle con stato sociale, età, sensualità, essere tante donne in una sola. Anche solo relativamente alle immagini viste si legge una continua evoluzione concettuale ed artistica dell’autrice
    Lugo

  8. Manca lo sfondo culturale entro cui nasce la fotografia di Cindy Sherman, e cioè la postmodernità, di cui è un’autorevole esponente (come l’altrettanto celebre fotografo Jeff Wall o, nel cinema, il regista Tarantino). La finzione prende il sopravvento sulla realtà, secondo la celebre teoria del simulacro, cioè della copia senza originale, per cui noi abbiamo sempre a che fare con copie false, di cui non conosceremo mai l’originale vero, che è andato perduto o forse non è mai esistito. Quello di Sherman è un gioco, come la rappresentazione (finta) di un’attrice, che a sua volta è un personaggio finto, creato attraverso i personaggi che recita o l’immagine che ne danno i mass media. Lo stesso vale per la casalinga, che viene ridotta a stereotipo (personaggio finto che ha il sopravvento sulla “vera” casalinga) creato dai mass media. In mezzo a questo gioco degli specchi la realtà si perde e veniamo a vivere nell’iperrealtà del “fake” (la teoria del simulacro e dell’iperrealtà è stata sviluppata da Baudrillard). Le foto di Sherman sono il fake in cui siamo immersi.

  9. C’è qualcosa di profondamente fastidioso in queste immagini che, ad essere sincera, non conoscevo.
    Un’autore, per essere compreso, deve essere approfondito e Piera ci propone spunti diversi e molto interessanti.
    Credo che in questo caso l’elemento femminile sia molto diverso dalla proposta che le fotografe dedicano a tematiche e poetiche legate al vissuto e al sociale.
    Trascende dall’appartenenza di genere, utilizzando un linguaggio concettuale complesso che utilizza l’ironia e la volontà di sminuire per portarci oltre, in una realtà che ha poco di reale ma tanto di finzione artefatta e piegata ai tanti giochi di potere dei quali, oggi giorno, siamo tutti un po’ vittime.
    Un gioco, forse, a voler smontare il messaggio iconoclasta, nel suo voler essere distruttrice di immagini divenute, per la nostra epoca, sacre.
    Grazie! Ottimi spunti!

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