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FRANCESCA SCIARRA – Identikit d’autore

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Cosa è per me la fotografia?
La fotografia per me è prima di tutto un luogo. Da sempre, da quando ero una ragazzina con una pocket camera in tasca, mi metto in viaggio per fotografare, sovrapponendo, nella mia immaginazione, luoghi e immagini, visione e realtà. E’ stata la curiosità di vedere, di conoscere, che ha ispirato le prime foto della mia vita. Grazie alla fotografia ho fino ad oggi assecondato il mio “senso per il luogo”, ho, in altre parole, soddisfatto la voglia di scoprire i miei luoghi.
La fotografia è anche un pennello. Il pennello si è andato perfezionando negli anni, e ora, nell’era digitale, è un pennello incredibilmente potente… ma resta pur sempre uno strumento di espressione creativa estremamente semplice, un prolungamento dell’occhio, del cuore e della fantasia di ognuno. Poiché credo nella libertà d’espressione, perché la creatività non ha limiti né regole, ritengo che la fotografia sia un genere di artigianato, a volte una forma d’arte.
La fotografia è infine un momento. C’è chi dice che serve a congelare istanti presenti, c’è chi la usa per ricordare il passato, chi per lasciare traccia di sé nel futuro: in ogni caso è un momento significativo nel tempo di ognuno. Avevo 5 anni quando scoprii la camera oscura e non posso dimenticare la sensazione che provavo ogni volta che nel buio apparivano le prime tracce di luce sulla carta, nella bacinella di sviluppo. Ecco, per me la fotografia è quel momento.
Francesca Sciarra
 

 Identikit d’autore

FRANCESCA SCIARRA

ivdE (in via di estinzione)

 
Come mio percorso fotografico presento un unico progetto fotografico, piuttosto che un mix di vari momenti lavorativi.
Questo è un lavoro che porto avanti da 20 anni e che mi è molto caro: si chiama “ivdE (in via di estinzione)” e riguarda il mutamento sociale e urbanistico del centro storico di Palermo dalla fine del XX secolo ad oggi, la ricostruzione di interi quartieri che a fine secolo portavano ancora le tracce dei bombardamenti angloamericani del ’43, la cancellazione delle tracce del passato che vanno sparendo insieme a chi le conservava intatte dal dopoguerra. Le foto sono in parte analogiche in parte digitali.
Le prime sono datate 1997, quando ho iniziato a lavorare con la fotografia, quindi sono indicative di un mio percorso fotografico e stilistico.
 


 
 
 
 
 

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19 commenti

  1. Ogni tanto ritorna l’Identikit d’autore, se lo scrivete nel campo di ricerca ritroverete tutti quelli che dal 2011 abbiamo pubblicato, non sono tanti ma tutti sono interessanti.
    A tutti ho fatto la domanda “Cosa è per Te la fotografia?” e così è stato anche per Francesca Sciarra, a me sconosciuta sino a qualche giorno fa.
    Nel suo post Lei manifesta quella consapevolezza concettuale che si matura con una lunga pratica e probabilmente condivisa con belle amicizie di buon spessore culturale.
    Il suo percorso temporale lo presenta con un’opera monotematica sempre in fieri, per Lei, che l’ha iniziata nel 1997.
    La capisco in questo amore verso un quartiere popolare palermitano, perché in tutti quei ragazzi e personaggi adulti ci sono dei tratti identitari che formano in Lei il sentimento d’appartenenza alla sua terra.
    Sono testi visivi che narrano il Sud, per certi aspetti stereotipati se letti dal Nord che ha formato il proprio immaginario collettivo con le immagini del Neorealismo, non vado troppo indietro perché una poetica può essere molto più longeva di quanto si possa immaginare.
    Complimenti a Francesca Sciarra e benvenuta in Agorà Di Cult con il suo sguardo sensibile e rivelatore! Abbiamo bisogno di sentire presenti le nostre regioni meridionali, è prima di tutto una necessità culturale e poi ovviamente viene tutto il resto che nasce dalla nostra condivisione delle esperienze e dei valori.

  2. E’ per me l’inizio di una collaborazione che desideravo da tempo, che mi permettesse di scrivere e non solo di fotografare, che creasse un collegamento tangibile con altri autori e con le loro storie. Da giornalista (che per 10 anni ha viaggiato e scritto di luoghi) e fotografa (che non smette di vedere ciò che la circonda), sento costantemente l’esigenza di esplorare mondi vicini e lontani. Ringrazio Silvano per l’opportunità che mi offre, e tutti voi di Agorà di Cult che condividerete con me questo “viaggio”.

  3. Aggiungo, per una migliore comprensione del lavoro su Palermo, che per anni ho fotografato prevalentemente ciò che stava scomparendo, ma ho iniziato da poco a riprendere anche il “nuovo”, ciò che sta apparendo al posto del vecchio. In queste foto vedete alcune delle zone interessate, e cioè la Kalsa, Ballarò, la Vucciria, via Maqueda, la Cala, il Foro Italico, e vedete luoghi, cose e mestieri che oggi non esistono più, ma anche persone che hanno trovato una loro dimensione di vita grazie alle trasformazioni del territorio.

  4. Francesca ci presenta i luoghi della sua città, gli angoli, un progetto che oltre ad avere un valore affettivo avrà un valore storico nel tempo. Francesca ci parla di luoghi.
    Sappiamo che i “luoghi” sono ambienti nei quali le persone che vi “abitano” si incontrano, scambiano relazioni sociali, ambienti che hanno un’identità precisa.
    Credo che nelle immagini di Francesca sia rappresentato tutto questo.
    In un progetto di lungo periodo come questo, le città sono in continuo mutamento, come le persone. Può capitare anche che i luoghi, come le persone, perdano quei tratti identitari che li hanno caratterizzati sino ad allora, è una continua evoluzione nella quale si devono modificare sempre gli equilibri.
    Mi auguro che Francesca trovi sempre “luoghi” in cui possa identificarsi e “stare bene”.
    Credo che questa Agorà sia sicuramente uno di questi.
    Benvenuta Francesca.

    1. Grazie Gabriele. Riflettevo sulla parola che hai usato, “equilibri”, e sulla necessità di modificarli continuamente per sopravvivere all’evoluzione… in effetti, negli anni, ho individuato un mio personale filo d’arianna che mi aiuta (quasi) sempre ad affrontare un percorso, e questo filo è appunto l’equilibrio. Mi riferisco alla fotografia ma anche alla mia vita 🙂

  5. Appena ho guardato queste foto, mi sono messo a leggere. Ho letto in esse un racconto lungo, profondo, fatto di parole a volte scritte (“Africa Destiny Bar” è un intero romanzo in tre parole) e a volte appena accennate, quasi un sussurro che esce da un’ombra, da dietro un colore. Se è vero che cercare la letteratura dietro le foto è un esercizio sempre molto proficuo qui posso trovare una lettura ricca e sapienziale proprio nel senso “classico” del termine cioè che trasmette i precetti e i modi di uno stare al mondo. Questa Palermo, che si fa metafora di una condizione più genericamente “mediterranea”, si trasfigura in queste foto fino a diventare qualcosa che non conoscevamo, una ricerca molto più intima di quella cronachistica. Qui si fa un lavoro orale che non finisce coi confini del fotogramma né coi segni che vi troviamo dentro. Qui si spazia, l’aria e i colori ci sostengono e ci fanno scoprire un altrove fatto di narrazioni, di vecchie nenie, di ronzii estivi, di silenzi pieni pieni di parole. Complimenti e benvenuta a Francesca Sciarra!

    1. Ci sono cose che non si vedono finché non si orienta la propria vista in un senso ben preciso. Se cerchi mediterraneo trovi mediterraneo, e cioè trovi colori, odori, silenzi, “consistenze” dense di mediterraneo. L’immaginario personale viene prima della rappresentazione. Grazie di aver visto, anzi letto, il mio racconto dietro queste poche immagini. 🙂

  6. Mi piace sentir dire da un autore che l’espressività deve essere libera e che la creatività non ha limiti!
    Questo dimostra la maturità e il raggiungimento di una destinazione personale attraverso un processo fatto di esperienze e conoscenze.
    L’opera che Francesca ci mostra è il manifesto di questa sua affermazione.
    Ho sorriso nello scorrere le immagini perché, nonostante tutti i difetti, lo spaccato che viene mostrato è tipicamente “Italiano”, fatto di arrangiamenti e concordati.
    Una messa in scena alla quale siamo stati abituati dal teatro e dal cinema, perfetta l’assonanza con il neorealismo, che pone il vissuto umano quotidiano in prospettiva con quel patrimonio storico e artistico che è solo nostro e che depauperiamo in maniera spesso così crudele.
    E’ un mondo pieno di dissonanze, che odiamo e amiamo e che non vorremmo perdere, anche in quelle trasformazioni epocali che cambiano i colori ma non cambiano le necessità umane e il diritto alla sopravvivenza.
    La fotografia ha il grande merito di parlarci di tante cose e che, anche se palesi, hanno bisogno di Lei per essere comprese.
    Benvenuta Francesca!

    1. Grazie Isabella, le dissonanze mi attraggono, il vissuto umano è il punto di partenza della mia ricerca. Dalla fotografia di Ghirri (che amo) al cinema di Wim Wenders (che per me è una sorta di habitat naturale), nella mia vita ho percorso visivamente chilometri di luoghi altrui prima di farli miei.
      Il lavoro che ho mandato ad Agorà è volutamente semplice, ingenuo, senza il belletto della post-produzione, e soprattutto libero: è quello che più mi rappresenta perché non nasce da uno dei tanti assignment ma dalla libera esigenza di vedere il mondo a modo mio.

  7. Ogni quartiere riflette le condizioni che lo hanno generato: la stratificazione degli insediamenti, i cambi di destinazione di uso, l’abbandono e il degrado. Le persone continuano a popolare questi luoghi e danno vita e colore a spazi che, di per sé, appaiono sospesi nell’attesa di ritrovare una loro identità, una nuova realtà a rivestire quello che il tempo ha spogliato. Ad un primo sguardo appare difficile la lettura per chi non ha una conoscenza diretta di quei luoghi, ed è facile relegarli nello stereotipo del già visto, ma ad una osservazione più attenta, dal lavoro di Francesca, si mostrano le relazioni tra cose, spazi e la dignitosa dimensione quotidiana del vivere. Interessante l’idea di continuare l’indagine fotografica estendendola anche al “nuovo” che pian piano sta prendendo il posto di quello che sta scomparendo.

    1. Ti ringrazio del tuo commento, Marco.
      La relazione tra l’uomo è il territorio è la prima cosa che cerco in un luogo, e anche quando non vi è traccia di anima viva in un posto mi metto in ascolto per sentire la presenza umana. Per questo motivo ho sempre fotografato i paesaggi urbani e disertato, fotograficamente parlando, quelli naturali.
      Non cerco l’effetto speciale, e nemmeno la novità, perché quando si racconta la storia degli uomini non vi sono effetti speciali né novità, ma solo umanità, solo storia.

  8. Ho letto e riletto la presentazione che Francesca fa di sé e del suo modo di fare fotografia: ci dice che la fotografia per lei è prima di tutto un luogo.Non sono completamente d’accordo, in quanto più che il luogo, la sua cifra stilistica è il vissuto: non c’è nessuna immagine in cui non sia presente la figura umana e Palermo non sarebbe identificabile come Palermo senza la sua gente. La forza di questo lavoro in progresso è proprio questa; la perfetta identificazione del “luogo” Palermo con il suo popolo e queste due componenti traggono linfa vitale l’una dall’altra. E’ un lavoro che teoricamente potrebbe durare anche tutta una vita e guardando le foto di Francesca ci si augura che questo possa accadere. Complimenti vivissimi e benvenuta nella grande famiglia di Agorà!

    1. Il vissuto è un sentire che inizia in sordina a 30 anni, quando meno te lo aspetti, e ti fa guardare con occhi improvvisamente diversi i luoghi che sono anche quelli della tua infanzia. E’ un sentire che entra a far parte del quo quotidiano, ti rende dolce lo sguardo, ti rende palpabile ogni traccia del tuo passato. Piano piano il vissuto acquista forma e consistenza, lo vedi nei luoghi, nei visi, nel gesti.
      Fotografare il vissuto è un rituale contemplativo, lo faccio perché faccio la fotografa. Ma quel vissuto è dentro di me.
      Grazie Massimo!

  9. Segni di un vissuto quotidiano.Luoghi della memoria. L’incredibile senso di vita e di sopravvivenza per essa.
    Gesti antichi ripetuti come rituali nella realtà odierna. Realtà di oggi sposate ai segni del passato.
    Perchè gli antichi riti si ripetono ma è l’intensità e la forza delle nuove generazioni che li rinnovano e li modificano, li accrescono di conoscenze e nuovi sapori.
    Ciò che era, sarà diverso nel nome di un ricordo, nel segno di un futuro.
    L’infinito intreccio dell’umanità che sovrappone il vecchio col nuovo disegnando una trama nuova e arzigogolata ogni volta.
    Lavoro poetico e definito.

    1. Grazie a tutti voi che mi state dando occasione di aggiungere pensieri in ordine sparso.
      I luoghi che cerchiamo sono luoghi dell’anima, diremmo in letteratura: luoghi in cui si ripetono senza tregua riti antichi, come dici tu, Patrizia. La trama dell’umanità che si perpetua, l’infinito intreccio di cui parli, si vede solo se si entra in un contatto profondo con un territorio.
      Se si rimane in superficie, se non si cerca il proprio vissuto nella trama stessa, allora la fotografia resta un esercizio fine a sé stesso.

  10. All’interno di queste immagini, pulsa un “GRANDE CUORE”, quello del Ns amato Sud. Le immagini di Francesca profumano di polvere, di sole e di mare; è quella fotografia che si sente pulsare nelle vene perché s’intreccia con la vita di tutti i giorni e nello stesso tempo ne salta fuori ..è materica si può quasi toccare. Ti colpisce per la Semplicità che si carica d’intensità e verità. Attraverso il suo punto di vista, definisce inquadrature sempre inconsuete, angolazioni attraverso le quali fa vibrare le espressioni sui volti dei bambini in primis e di qualsiasi soggetto le animi. Interessante il cromatismo utilizzato, rispecchia quella luce “magica” che ritrovi soltanto in quei luoghi.
    Complimenti Francesca, il tuo è uno stile intuitivo, pittorico e raffinato.

    1. Grazie Roberta. La fotografia “materica” mi appartiene, mi piace l’idea che che rappresenti ognuno dei miei cinque sensi, ed anche un sesto, la memoria. Anche la semplicità e la verità mi appartengono… siamo decisamente in sintonia ^_^

  11. Ho incontrato Francesca Sciarra per la prima volta poco più di due anni fa, in occasione di una delle passeggiate fotografiche che periodicamente organizza.
    Quello che mi ha colpito di lei è la pacatezza del carattere e la profondità del suo sapere fotografico.
    In un mondo dove sono pochi quelli che hanno la disponibilità a comunicare ad altri le loro conoscenze, Francesca si distingue.
    E’ una persona aperta al dialogo e al confronto.
    Sempre generosa nel dare consigli, è stimolante e coinvolgente come un buon tutor dovrebbe essere.
    Per queste qualità intorno a lei si è condensato un nutrito gruppo di appassionati che, grazie ai suoi laboratori, sta vivendo in maniera più consapevole la fotografia.
    Racconta di luoghi e persone in maniera empatica ed umana, con uno stile personale e in continua evoluzione.
    Complimenti Francesca.

    1. Anna, ti ringrazio della tua affettuosità!
      Oggi stiamo vivendo un momento di svolta, tutti accedono alla fotografia grazie ai cellulari e alla maggiore diffusione di fotocamere. In termini pratici e creativi tutti hanno la possibilità di farsi vedere e di comunicare fotograficamente.
      Io sono molto attirata dalle attuali potenzialità della fotografia e mi sento fortunata di trovarmi in questo momento storico, che molti invece considerano in termini negativi. Ho vissuto il tempo dell’analogico con tutte le difficoltà di gestire il processo fotografico nel suo complesso: la libertà che oggi accompagna il gesto fotografico è una conquista a cui non saprei più rinunciare.
      Penso inoltre che la fotografia diventi sempre più generosa, giovane, creativa. Mi piace circondarmi di gente che sperimenta, che guarda al mondo delle immagini con curiosità ed apertura mentale, oltre che con spirito critico, che non dia per scontato niente di ciò che è già avvenuto, fotograficamente parlando.
      La condivisione è sempre una strategia vincente: cerco di trasmettere l’idea che fare gruppo, passare molto più tempo sulle foto degli altri che sulle proprie, confrontarsi sui più svariati temi, sia una meravigliosa fonte di arricchimento personale.

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