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Ossessione fotografica_ n.4 – Giuseppe Vitale

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Ossessione fotografica_ n.4 – Giuseppe Vitale
– a cura di Carlo Cavicchio

Giuseppe Vitale: la fotografia sociale, una necessità.

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Di Giuseppe Vitale ho già accennato un paio di volte nei post precedenti: è uno medico odontoiatra molto stimato, di certo non solo per il suo metroeottantacinque e la sua barba grigio bianca.
Citando Avedon, si può sintetizzare così il suo stato d’animo permanente: “Se passa un giorno in cui non ho fatto qualcosa legato alla fotografia, è come se avessi trascurato qualcosa di essenziale, è come se mi fossi dimenticato di svegliarmi”; infatti tutti i giorni deve (!) fotografare almeno un’ora uscendo di casa alle 7.30 prima di incontrare i suoi pazienti.
 
Giuseppe, come Ernesto Fantozzi e tanti altri che ha conosciuto nei sui quarant’anni di appartenenza al Circolo Fotografico Milanese (1), non può semplicemente definirsi un “hobbista”, anche in lui si vede la consapevolezza civile e sociale dei migliori fotoamatori, che dagli anni ‘60 e ’70 hanno trasformato la loro attività colmando il distacco dai colleghi professionisti e rendendo illogico il termine “fotoamataore”.
Di recente una studentessa ha pubblicato una fanzine che lo descrive perfettamente.
Credo che la soluzione migliore per presentare il quarto ossessionato sia di riprodurre qui, parte del testo e delle immagini contenute nella fanzine, scansionando la versione cartacea.
 
“Da molti anni, anche collaborando come medico volontario, m’interesso e studio il fenomeno dei cosiddetti, “barboni”, termine che sarebbe meglio evitare perché è politicamente e più umanamente corretto usare “senza fissa dimora”, ma non rende appieno l’idea.
Si tratta di un fenomeno complesso e sfuggente come lo sono i soggetti protagonisti: difficili da avvicinare, coinvolgere e comprendere. Ho incontrato persone che hanno scelto, in qualche raro caso, un’esistenza basata sulla libertà, ma soprattutto persone ammalate, disconosciute dai familiari, tossicodipendenti, ex carcerati, pazienti psichiatrici.
[…] La strada e le imprevedibilità che la caratterizzano danno vita allo scenario in cui mi muovo ed avvicino i protagonisti del mio lavoro fotografico.
Ho avuto prova di quanto la presenza della macchina fotografica possa rendere diffidenti i miei interlocutori. Ma, una volta instaurato un rapporto di reciproco rispetto e chiarita l’intenzione di non manifestare pregiudizi o la volontà di giudicare, le resistenze cadono e tutto diviene spontaneo e gratificante.
Spesso mi capita di avere, incontri occasionali fatti di poche parole, comunque importanti.
In altre circostanze, al contrario, ottengo una conoscenza più profonda sia della persona sia della storia di vita”.

 
Nella fanzine è incluso anche uno dei suoi progetti fotografici a cui è più legato, dal titolo “Maxina”.
“La storia di Maxina è quella di una vita vissuta all’angolo. L’incontro al medesimo angolo, vicino a casa, ogni giorno, mi sembra da sempre. Donna di età indefinibile, dalla fisionomia mutevole, dalla lingua sconosciuta, forse russo, e dal comportamento imprevedibile.
Molti evitano Maxina. La chiamo così da quando mi ha urlato quello che mi piace pensare possa essere il suo nome. Il nostro comunicare è fatto di gesti e di sguardi. Non è molto ma funziona, mi avvicino e non vengo aggredito. Il suo mondo è occupato dalle “voci” che la tormentano e la guidano. Non è facile aiutarla. La personalità opponente non lo concede.
A volte, quando il suo delirio diventa incontrollabile e pericoloso, viene applicato il trattamento sanitario obbligatorio e viene, forzatamente, ricoverata.
Passate poche settimane ritorna in strada tanto imbottita di antipsicotici da vederne trasfigurata anche la fisionomia. Maxima non può più nuocere a nessuno ma contemporaneamente non è, per settimane, in grado di badare a sé stessa e questo è un lusso che a chi vive per strada non è concesso”.


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Un fotografo ossessionato e appassionato quindi!
Come spiega bene nel suo testo, da anni si occupa per lo più di fotografia sociale, aiutato anche dalla sensibilità derivante dalla sua professione.
Ma vi assicuro che se un tema lo interessa le sue immagini risultano sempre di prim’ordine: dal paesaggio urbano, al ritratto sino ad arrivare a esperimenti con un drone!
La sua ossessione lo porta ad acquistare libri fotografici in modo compulsivo e ad avere un numero eccessivo di strumenti fotografici … inutili tanto usa sempre quella silenziosa con il bollino rosso.
 
Carlo Cavicchio
Tutor Fotografico FIAF
 
 
 
(1) – Vi è stato un periodo d’oro in cui il circolo fotografico milanese era assiduamente frequentato da personaggi come Mario Cattaneo, Cesare Colombo, Boris Gradnik, Pietro Donzelli, Emilio Secondi, Mario Finocchiaro, Wanda Tucci Caselli, Sergio Magni …
 

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8 commenti

  1. Complimenti vivissimi a Giuseppe Vitale e al Circolo Fotografico Milanese,dasempre un Circolo Fotografico di appassionati Autori.

  2. Fotografie intense che vanno oltre il racconto documentativo. Hanno al loro interno la manualità dell’autore; il mezzo fotografico è solo lo strumento che trasforma il pensiero in immagine, che è talmente ben costruita, curata, voluta che sembra quasi lasciar passare gli odori, le voci, la paura, il fruscio dei movimenti. Ogni scatto ti guarda dritto negli occhi e ti dice di cercare, di guardare oltre il soggetto, ti dice di sforzarti a pensare e provare a capire. Un’ ossessione che ammiro.

  3. Sono una fan di Giuseppe e lo seguo assiduamente da qualche anno. Sa trasmettere il fuoco della passione fotografica con perizia e ironia. Sa sorprendere e coinvolgere un ampio e qualificato pubblico. Alla prossima, Barbara Gerosa

  4. Complimenti Giuseppe. Avevamo ospitato a Castelnuovo gia tuoi scatti sull’argomento già significativi. La forza di insistere ed approfondire è importante e meritoria. Spero di incontrarti di nuovo.

  5. Ci sono ossessioni di ogni genere, alcune riescono “buone”. Beppe ha saputo come esprimere la sua utilizzando un obiettivo e un target (inteso come soggetto di osservazione) e ha saputo essere anche un maestro.

  6. Le immagini di Beppe sono comunicative, toccanti e ci portano in strada al fianco di Maxina, raccontandoci un piccolo pezzo della sua attuale storia. Complimenti per il progetto che ha saputo sviluppare con una cifra stilistica intensa.

  7. Il progetto fotografico “Maxina” a cui Giuseppe Vitale è molto legato, riporta senza mezzi termini un argomento di fronte al quale non si può restare indifferenti, alcune foto, come in questo caso, quando “bussano” alla porta del nostro “io”, dopo aver aperto sarà difficile dimenticare l’immagine che si presenta oltre la soglia.
    Come descrivere fotograficamente una persona che vive al limite? In un angolo di strada, di speranza, della stessa vita ….. semplicemente raccontando la sua quotidianità. Da riconoscere all’autore , l’incisivo significato delle espressioni del soggetto, rimarcate da un efficace e comunicativo bianco e nero, che evidenziano come una “ossessione fotografica”, si conferma un mezzo eccezionale per dialogare con gli altri. Complimenti. Cosimo Stillo

  8. La serie di post “Ossessione fotografica” di Carlo Cavicchio ci offre la possibilità di conoscere cos’è la fotografia per noi che amiamo praticarla per necessità interiore, senza chiedere a nessuno di essere capiti o apprezzati nei nostri risultati.
    Penso che su Agorà Di Cult ne sono stati pubblicati tantissimi dei lavori realizzati da questo genere di fotografi. Sì, li chiamo solo fotografi, senza pormi il problema dell’amatoriale o professionista, perché per me l’aspetto distintivo è se si fa Cultura con le proprie immagini oppure no. Allora il tema si sposta su cosa vuol dire fare Cultura, perché è un termine che chiede di essere orientato in quanto tanti sono i generi di cultura che si possono fare, anche contrastanti tra loro.
    Il problema diventa etico; stranamente noto che se ci mettiamo a pensare ad aspetti della vita contemporanea l’Etica sta diventato l’aspetto decisivo, per analizzare i complessi processi in atto nella nostra società.
    A me interessa quella “Cultura umanistica” quella che nasce dall’esercizio spontaneo di un linguaggio visivo, nello specifico quella che produce immagini fotografiche come messaggi da condividere. Qualcuno è riuscito a farlo diventare un mestiere ma per me è un dettaglio, quel che mi interessa è che il fotografare sia praticato come percorso di costruzione del Sé e stimolo per la collettività.
    Giuseppe Vitali è esemplare per questa idea di fotografo, come lo sono state le importanti personalità del Circolo Fotografico Milanese citate in fondo al post. L’energia creativa che questi fotografi generano è contaminante, e questo lo vedo nell’esperienza dei Laboratori Di Cult dove le diverse generazioni lavorano insieme e si contaminano reciprocamente annullando le distanze interiori generate dalla differenza d’età. Mi accorgo che tra noi sta formandosi una nuova coscienza sociale: quella di essere “coevi”, perché l’esercizio della creatività evidenzia qualità nella persona talmente forti da rompere gli stereotipi generazionali.
    D’altra parte, tra 100 anni si farà caso che due persone erano “coeve”, perché hanno condiviso un’epoca, e non si guarderà la loro età.
    Grazie a Carlo Cavicchio che ci rivela queste straordinarie figure, per noi esemplari.

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