Karen Zabarsky – Una testimonianza
Karen Zabarsky – NewYork University – Urban Design and Architecture
“Una Giornata Italiana”
Il mio nome è Italia.
Davanti ai cancelli d’ingresso della mostra fotografica “Una giornata italiana,” il senso permeante dell’Italian pride era quasi tangibile. L’aria era piena di aspettative e di emozioni, la musica sovrastante scoppiettava di parole italiane; il rosso, il bianco e il verde erano visibili in tutti gli angoli dello spazio. Ho sentito subito che avrei passato una serata molto speciale, ho tirato fuori la macchina fotografica e ho iniziato a scattare foto.
La sede della mostra è un esempio di riutilizzo ottimale dei locali—la galleria era originariamente una prigione. Questa trasformazione ha reso possibile l’esperienza, unica e intima, di vedere come ogni “cella” mostrasse un aspetto diverso della vita italiana fotografata il 17 marzo 2011.
Passando da una stanza all’altra e attraverso i lunghi corridoi, le mie aspettative sono iniziate ad andare un po’ in frantumi. Prima di venire alla mostra, avevo immaginato fotografie delle increspature dell’Arno, della cupola del Duomo, panoramiche delle colline toscane; invece ho visto le persone. Qualche foto si focalizzava sul paesaggio italiano, ma la galleria era piena di immagini che ritraevano gli italiani. Una parete era ricoperta di foto che mostravano il meticoloso lavoro degli artigiani, mentre un’altra mostrava gli strumenti dei marmisti. In una stanza, le fotografie di soldati e militari fronteggiavano la parete con quelle dei maestri della scuola elementare. L’intera mostra era completamente immersa nei volti, nelle mani, nel sudore e nell’impegno del popolo italiano, mentre lavora duramente il 17 marzo 2011.
Inoltre, sono stata sorpresa dalla semplicità di molte fotografie esposte; la maggior parte non erano ostentate o esagerate, ma erano istantanee di un angolo di strada, della cucina sul retro di un ristorante, di un uomo seduto sui gradini di una chiesa. Non sembravano le classiche “immagini da cartolina” che mi sarei aspettata di vedere a una mostra sull’italianità, ma semplici immagini di vita quotidiana che avrei potuto cogliere io stessa passeggiando per via del Proconsolo e per il mio quartiere.
Prima di visitare la mostra, mi ero fatta un’idea di come gli italiani percepiscono loro stessi e il proprio Paese, ma adesso mi accorgo che le mie impressioni erano piuttosto generiche. Una serie di foto mi è sembrata un po’ drammatizzata – quella dei marmisti al lavoro nella cava; ma, a parte questo, le foto emanavano un senso di modestia e onestà, pur irradiando l’idea d’italianità. Secondo me, queste foto hanno dato risalto soprattutto all’indole artigianale e industriosa del popolo italiano.
Le mie impressioni sono state sostanzialmente confermate nel corso della serata; le strade erano attraversate da ricche e belle decorazioni, e dozzine di persone lavoravano per servire piatti classici della cucina italiana. I musicisti suonavano sul palco e i bambini ballavano per strada. La mia Nikon mi ha accompagnato attraverso tutto ciò che ho osservato quella sera; riguardando le mie foto, ho notato che avevo una o due scatti delle splendide montagne alle spalle di Bibbiena, ma che il mio album era sommerso da sorridenti camerieri, da funzionari governativi che socializzavano davanti a un piatto di gnocchi, da due fratelli che si tenevano per mano mentre attraversavano la strada per veder suonare un musicista.
Il mio obiettive si era spostato in direzione del nucleo della mostra – lo spirito del popolo italiano.