O di come fosse una notte d’inverno nera al nero di seppia, catramosa e canonicamente da lupi, di buio e tempesta, con pere d’acqua grosse come tascapani che venivano giù a secchiate, fitte dense ed oleose, ed esplodevano sul pavimento in fontanelle spiritate che spalmavano sul sagrato una guarnizione di gelatina brillante, e di come Joseph se ne stesse spremuto come un pompelmo e ammaccato come un budino a sorbettarsi la pioggia quasi di ghiaccio non proprio rarissima ma neanche troppo convenzionale di Matera, con un bioccolo grosso di cane che era oramai un passastraccio vivente e si gonfiava di cespi e mazzetti neri di lana bagnata e comunque se ne stava accanto al compagno di viaggio senza sputar fuori un lamento o anche soltanto un accenno di canino dissenso, con occhi pazienti e dolenti sotto le spugnose sopracciglia goccianti. E di come dietro i vetri che le tiepide chiacchiere a cena avevano fatto di opaca e appiccicosa glassa di zucchero del ristorante Basilico – Ristorante Basilico Varie Cibarie – Vito e Michele Cantarella, soci e fratelli, involontariamente omonimi di famigerati amministratori in fatti meccanici, discernessero ad occhi sgranati e muscoli morali belli tesi tutta la scena di Joseph con lunga e barbarica cicatrice cranica in salsa rosa e un bel pugno di monili tutti appesi al collo come anelli di cipolla e un borsone slabbrato da cui spuntavano tonde corolle di birilli, Joseph coi tatuaggi e tutto, non proprio direttamente da Manchester, e il grosso cane strofinaccio dalle zampe mitologiche e dal nome pugilistico stare lì a sbollentarsi e ad ammaccarsi sotto la pioggia che era quasi di neve o di ghiaccio, di come Vito fu fra le altre cose colpito e affondato all’altezza dello sterno dalla commovente inamovibile fedeltà dell’animale, lui che il primo suo cane era stato affetto in gioventù da feroce lesmaniosi e pareva fosse già su un’autostrada per l’eternità ma poi campò prodigiosamente fino ai venerandi e ineguagliati fra i cani materani ventitré anni, alla fine molto cieco e molto sordo e praticamente una leggenda. E di come Vito e Michele Cantarella avessero prontamente fatto cuocere e saltare dorati spaghetti alla materana capperi e olive, lasciando sospesi gli avventori già ampiamente acquolinati e belli fradici di saliva per soccorrere Joseph con quello che è ora il più memorabile fra i piatti di spaghetti mai preparati al ristorante Basilico, e di come sul viso segnato e soffritto dal sole di Joseph si fossero venute a creare le condizioni di un cremoso preludio di pianto, dal momento che recenti disavventure in fatto di documenti e altre cose seccanti e fiscali l’avevano sbattuto e frullato di qua e di là per tavolieri e altipiani con la sfortuna rognosa e idrofoba alle calcagna. Di come Joseph fece un lungo racconto ai fratelli e soci Cantarella sul come fosse finito da queste parti in una notte d’inverno al nero di seppia, bagnato e intriso come un’acciuga, partito in esplorazione della grande buccia d’arancia del mondo dopo disdicevole disavventura con l’amore rimasto troppo a lungo fuori dal frigo, sul quanto fossero piccanti gli spagnoli e innumerevoli le donne tedesche e davvero inaffidabili e intossicanti certe femmine umane, per non dimenticare di quando fu introdotto ai misterici segreti fisico-dinamici della giocoleria a Palo Alto, California, e di come questo gli avesse permesso di guadagnare un mastacciul di soldi per viaggiare e fare come gli pareva senza rubare e without selling drugs. Eppoi di come da sei mesi ad oggi Joseph, ribattezzato e italianizzato, pranzi e ceni in piazza San Francesco, sulle scalette semideserte del sagrato o sul ciglio del marciapiede, con pranzi e cene offerti fraternamente da Vito e Michele Cantarella del ristorante Basilico a Matera, con puntualità e precisione di svizzera meridionalità, e di come Joseph ora Giuesppe stia ad osservare, mangiando, il traffico sporadico di ragazzi seri e composti e non troppo speziati o pepati armati di eleganti astucci per gli strumenti, il traffico che va e viene con precoce solennità da e verso il conservatorio.
Matteo Fulimeni