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Via Palermo – di Oreste Zinelli

VIA PALERMO – di Oreste Zinelli

Via Palermo: la via dove abito da quasi trent’anni e che ogni giorno percorro per gli spostamenti da e per il lavoro o per il centro città.

Nella via ci sono diversi vecchi edifici adibiti ad attività artigianali o commerciali,alcuni dei quali tuttora in uso, altri abbandonati da tempo.

Ad un certo punto è scattato qualcosa nel mio modo di vedere e di percepire questi stabili: ciò che fino ad allora rappresentava elemento di degrado, improvvisamente ha assunto una valenza estetica e una dignità del tutto nuove, stimolando in me un sentimento quasi di affetto come si trattasse di persone care che non vorresti perdere.

Da qui nasce la necessità di fotografare questi soggetti, per sentirli maggiormente vicini, e per poterne conservare memoria.

Ho cercato con le mie foto di rappresentare questi edifici e scorci nel modo che più esprimesse il mio sentimento per gli stessi.

 

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13 commenti

  1. “Via Palermo”, di Oreste Zinelli, è un’opera animata da un’idea narrativa tematica per il racconto soggettivo di uno spazio urbano.
    Nella presentazione del portfolio è interessante il passaggio in cui l’autore racconta il mutamento del suo sguardo verso gli edifici che si affacciano sulla strada in cui abita.
    Questo mutamento di valore simbolico che infine matura in un sentimento di appartenenza è il momento importante del processo creativo che ha generato, nell’autore, la poetica nell’interpretare fotograficamente la realtà.
    Mutare lo sguardo è rapportarsi coscientemente col mondo in cui viviamo, considerare ogni cosa non una presenza superficiale ma capirne la natura storica, sociale, urbana, ecc.
    Le immagini risentono del tempo sospeso anche quando il mosso di un’automobile irrompe in questa atmosfera densa di pensieri.
    Ognuno di noi vive in una strada, se, come Oreste Zinelli, ci vive da molto tempo non farà fatica a comprendere l’aura densa che assumono i vecchi fabbricati o le nuove costruzioni.
    Queste “cose” sono segni della storia di una comunità urbana, la fotografia permette al fotografo di superare la dimensione individuale nel porsi di fronte al mondo e produrre delle riflessioni che possono essere di interesse collettivo.
    Complimenti a Oreste Zinelli per aver compiuto questo salto culturale nel rapportarsi con la sua realtà quotidiana.

  2. Oreste Zinelli ha costruito un lavoro concettuale, oltre che estetico. Gli edifici posti quasi sempre al centro dell’inquadratura assumono una maestosità che probabilmente non appartiene loro, ma che attraverso gli occhi del fotografo assurgono ad una dimensione quasi “eroica”. Questo nuovo aspetto degli edifici è sicuramente frutto della trasfigurazione ” sentimentale” che Oreste fa dei luoghi a lui famigliari e congeniali, con il desiderio di ridare loro dignità e a testimonianza del lavoro e dell’operosità di una comunità. Complimenti a Oreste Zinelli per il suo lavoro interessantissimo.

  3. I luoghi della nostra esistenza, soprattutto quelli dell’infanzia, generano in noi una grande tenerezza; al punto che, soprattutto nella lontananza, arriviamo a idealizzarli.
    Passando per essi, in una via Palermo, con la fretta di tutti i giorni, finiamo col non prestare più attenzione intorno a noi; perché confidiamo nella memoria dei ricordi.
    Un bel giorno, in un momento di “libera uscita” della nostra affollata e rumorosa esistenza, ci accorgiamo di un dettaglio, di un colore, che non avevamo mai notato; e scopriamo con delusione, che, dovessimo disegnarli o descriverli, non saremmo capaci di farlo in modo accurato.
    Il fotografo, il pittore, al contrario, sono specializzati nell’osservare con attenzione.
    Fotografare richiede capacità di osservare i dettagli, di interpretarli in modo creativo, di raccontarli con la tecnica che abbiamo inserito, col tempo, nel nostro bagaglio di fotografi.
    I grandi fotografi, come Salgado, realizzano i loro lavori soggiornando sul luogo delle riprese per un periodo sufficientemente lungo; fino a percepirne compiutamente le atmosfere, le prospettive, le sfumature, gli odori caratteristici, le intonazione dei colori in ogni momento del giorno.
    Condivido la percezione di Oreste Zinelli, nel suo lavoro “Via Palermo”, che reputo tecnicamente ben realizzato. Quello che non mi convince è l’uso del B/N. Questo mi porterebbe a pensare che questa via richiami alla memoria dell’autore ricordi spiacevoli e perfino tenebrosi.
    Ma i ricordi, anche se sbiaditi, hanno sempre colori; nessuno di essi può essere vinto dal manierismo del monocromatico in scala di grigi.
    Almeno un viraggio colorato! Un sepia, un rosa, …

    1. Mi permetto di dissentire ancora una volta con Antonino sull’uso o il non uso del b/n. Credo che ogni autore abbia la propria visione personale su come debba essere realizzato un lavoro: evidentemente Oreste Zinelli lo ha visto in b/n . Il colore dati i soggetti non avrebbe aggiunto nulla all’efficacia delle fotografie e non capisco perchè necessariamente il b/n debba essere associato necessariamente a qualcosa di spiacevole o addirittura tenebroso. E non parliamo di manierismo monocromatico…suvvia!!Allora tutte le splendide immagini che vengono stampate ogni giorno in b/n sarebbero manieristiche? Il b/n non va abusato , su questo sono d’accordo, e va trattato con il dovuto rispetto, ma ha la sua ragion d’essere quando è importante che il messaggio concettuale esca fuori senza abbellimenti cromatici che , questi si potrebbero risultare manieristici. Ricordo inoltre che tutti i più grandi pittori e scultori hanno sempre disegnato e il disegno è monocromatico….vogliamo forse dire che i disegni di Leonardo o di Michelangelo sono minori perchè non a colori? Cosa avrebbe aggiunto un viraggio colorato a queste foto?

      1. Vorrei far presente che il B/N, nelle origini, non è stata una scelta del fotografo, ma l’unica via per fotografare.
        Se la fotografia fosse nata a colori, forse, il B/N non esisterebbe o forse sarebbe solo una delle tante tecniche, dei viraggi sepia, oro, argento, ecc., relegati a particolari occorrenze.
        Quello che vediamo intorno a noi è tutto a colori. Mettendosi davanti agli occhi dei vetri colorati possiamo ottenere degli effetti particolari, ma non la presunta visione del reale.
        La mia generazione è nativa nel B/N, e sa benissimo che il colore, vent’anni fa, era semplicemente proibitivo per i costi. Questo condizionamento ci ha cucito addosso un enorme pregiudizio; ora il nostro gusto è condizionato dal passato,
        Da noi, il colore è poco usato perché pochi sanno usarlo e pochissimi sanno insegnarlo. I nostri maestri sono tutti anziani (per epoca fotografica) e per questo legati alla sensibilità tecnica occorrente per il B/N.
        Io invece leggo quello che ho intorno senza condizionamenti, e tutto è a colori.
        Il colore è molto più difficile da usare, anche perché sconosciuto. Se non si sa usare il colore, se ci è insegnato ad usare il colore, è ovvio che tutto ci riesca meglio in B/N. Ma il colore corrisponde alla nostra visione.
        Parlare della fotografia come “specchio del reale”, come “orma”, “impronta” e poi trasformare questo presunto reale in sole due della 4 (e più dimensioni), in B/N; senza audio, senza profumi, e sensazioni, ecc. mi sembra addirittura ridicolo.
        Lenti colorate possono illudere le nostre menti. Ma chi osserva il B/N per la prima volta non riesce nemmeno a decodificarlo esattamente. Inoltre per renderlo leggibile dobbiamo forzarne i toni spostandoli la percezione cromatica tra le zone del “sistema zonale” o usare filtri per differenziare il rosso dal verde, ecc… Poi parliamo di contraffazione del digitale !
        I disegni a matita, a carboncino, a pastello di cera, ovviamente sono fatti dal solo colore della matita, del pastello.
        Ma sono sempre tecniche particolari.
        Per realizzare il geniale pathos della Cappella Sistina, Michelangelo non ha usato il monocromatico. Lo stesso Raffaello, Leonardo, ecc.
        Non confondiamo l’opportunità con la necessità.
        Il messaggio culturale è figlio del colore.
        La guerra, la morte, tutti i sentimenti e le sensazioni, la sofferenza di ogni giorno, non ci raggiungono in B/N ma a colori.
        Il B/N è solo uno dei tantissimi mezzi per raccontarli e desciverli. Ma partiamo dal colore, non dal B/N !

        1. Ma se vogliamo considerare la fotografia come un mezzo artistico , perchè un autore non può essere libero di scegliere la rappresentazione che più si addice alle sue corde ? Allora vogliamo forse dire che un autore come Salgado , solo perchè usa da sempre il b/n non è capace a fotografare? Vorrei fare presente ad Antonino che se le origini della fotografia sono state obbligatoriamente in b/n , ancora oggi ci sono moltissimi autori che continuano a prediligere questo mezzo rispetto al colore: è una scelta artistica e culturale che va rispettata , senza chiudersi in inutili integralismi .

          1. A me pare che gli integralisti siano coloro che affermano che solo il B/N rende certe situazioni.
            Non è vero.
            E’ un pregiudizio integralista.
            Il lavoro a colori “A tavola”, di Daniela Battaglia, ci rappresenta sentimenti e situazioni che non vedo in tantissimi lavori in B/N. Manierismo è usare una tecnica “a prescindere”, per moda.
            Non è necessario usare il B/N per rendere certi concetti.
            Fino a che punto la scelta del B/N è “consapevole” (non mi riferisco al caso specifico, parlo in generale) e quanto, piuttosto, è indotta da un luogo comune, diffusissimo, che condiziona chi si avvicina alla fotografia, perché gli arriva inesorabile da maestri necessariamente legati ad un passato in cui il B/N era inevitabile?
            Ho espresso l’invito a vedere il mondo con occhi diversi. Mia intenzione è stimolare una autocritica nei confronti del luogo comune B/N.
            Questo significa togliere libertà all’autore ?
            Ho motivato il mio convincimento, portando l’esempio concreto di cosa, in questo racconto, si poteva raccontare ma il B/N non ha visto:
            “…che sulle colonniche in muratura che reggono un cancello c’é ancora la scritta che lei lasciò, bambino, col pennarello rosso….. “
            Un contatto diretto con se stesso, col proprio passato. L’eapressione di un sentimento, di un ricordo che il B/N non avrebbe colto. Il B/N rende questo racconto in modo asettico, triste, impersonale.
            Si può fare questa critica, o si è integralisti?

    2. Mi inserisco nel dibattito senza voler essere di parte, ma solo per chiedere all’autore se non pensa che togliere il colore non venga meno ad uno fini del progetto, ossia di poterne conservare memoria; oppure se i colori avrebbero distratto e non comunicato bene il suo modo di sentire oggi quegli edifici. Forse i sentimenti suggeriti ad Antonino sono anche dovuti ai ricercati e pesanti cieli inseriti in quasi tutte le immagini.
      Stefano Consolaro

  4. Oreste con questo lavoro ha fatto vedere una grande maturazione, il lavoro è veramente fatto bene, la sua testimonianza è importante, Via Palermo è una via periferica dove tutti o quasi passano senza accorgersi dei cambiamenti fatti negli anni, una via anonima dove difficilmente si ferma l’obiettivo di un fotografo. E’ qui che, trasportato dall’amore del suo vissuto, ha trasformato la realtà anonima in un ottimo racconto fotografico concettuale documentativo.
    Complimenti !

  5. Premetto: non m’intendo di fotografia. Ma queste immagini in bianco e nero mi piacciono, mi affascinano. Perché mi spingono su un’altalena di domande, risposte, e ancora domande e ancora risposte. Cosa chiedere di più a un mezzo d’espressione, o di arte che dir si voglia, oltre alla capacità di smuoverti dentro, di farti sentire vivo e curioso? Per questo dico bravo all’autore!
    Adesso penso che uscirò di casa, farò un giro del quartiere, mi guarderò intorno, e credo che vedrò case, muri, crepe a cui prima non avevo fatto caso. E mi farò delle domande,magari trovando qualche risposta.

    1. Soprattutto, si accorgerà che le strade di quel quartiere sono a colori; che le pareti di quella casa hanno lo stesso colore da sempre, mentre un’altra è stata ridipinta in modo bislacco, con accostamenti eccessivi e contrastanti. Noterà che sulle colonniche in muratura che reggono un cancello c’é ancora la scritta che lei lasciò, bambino, col pennarello rosso…..

    2. Vorrei proporre all’autore, se permette, di ripetere le stesse immagini col colore; di pubblicarle su Agorà di Cult, col consenso di Silvano, e di affrontare tutti insieme una discussione su questo argomento.

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