ArchivioDai tavoli di portfolio

"CODICI SEGRETI" – di Valentina Lucchinelli

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La ex-base NATO del Monte Giogo faceva parte di un link strategico per le radiocomunicazioni, denominato ACE-HIGH Network, che collegava tra di loro e con i centri decisionali e di comando, tutti i Radar Remoti posti sui confini est dell’Alleanza Atlantica.
La rete iniziava nell’estremo nord della Norvegia con la stazione di Hoggumpen (Senia Tail) e si estendeva a sud fino alla stazione di Mardin, nella Turchia sud-orientale.
Di questa rete facevano parte anche alcune stazioni presenti sul territorio italiano tra cui anche questa del Monte Giogo, nel comune di Comano (Massa Carrara).
Inserita nell’affascinante paesaggio dell’appennino Tosco-Emiliano, la base fu progettata nel 1956, iniziò la sua attività nel 1960 ed è rimasta attiva fino agli anni ’90, quando è stata abbandonata.
La stazione, costituita da quattro enormi antenne paraboliche, era una “troposcatter”, serviva cioè da ponte di comunicazione militare durante la guerra fredda e da cui venivano trasmessi codici criptati diretti a tutte le basi Nato del Mediterraneo.
Oltre le parabole, sono ancora presenti alcuni edifici, adibiti a locali di lavoro, abitazione per il corpo militare e locali tecnici.
Attualmente la base si trova in uno stato di estremo degrado, causato da atti vandalici e dall’abbandono, senza interventi di manutenzione atti a conservarla.
Resta comunque un’importante testimonianza storica, oltre ad offrire al visitatore un’atmosfera surreale ed insolita.
 
 

CODICI SEGRETI

di Valentina Lucchinelli

 

 
 
 

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13 commenti

    1. Ero un effettivo della Nato negli anni 70, ed ero in forze alla base gemella a Cavriana di Mantova, più di una volta sono stato inviato in questa base, ho ancora le foto scattate nella base gemella di Cavriana. Ma onestamente le immagini che vedo non rispecchiano ne la realtà del luogo ne fanno onore ai Militari che li hanno vissuto per anni, l’ambiente non era assolutamente tetro, come invece le immagini lasciano pensare, ma era invece come essere in una grande Famiglia,in cui ogni persona aveva un ruolo, ma lo spirito era gioviale e di allegria. Trovo ingannevole e falso far credere con immagini forzosamente “dure” che in quell’ambiente si respirasse un clima da guerra fredda !Eravamo tutti Italiani, ed i servizi di guardia li svolgevano i Carabinieri della zona, basti pensare che i nostri fucili messi a riposo erano quasi arruginiti, all’interno avevamo tutti i confort: sala giochi, palestra e campo da Tennis, altro che Guerra fredda!nelle immagini manca il contesto, il paesaggio che è spettacolare, niente luoghi lugubri o tristi,come invece lasciano presupporre queste immagini. Si possono manipolare le immagini, ma non la storia o la realtà oggettiva. Gabriele

      1. Le immagini non sono state manipolate, è ciò che si trova e quel giorno non si vedeva nemmeno il meraviglioso paesaggio.
        Ho trovato il luogo estremamente interessante e affascinante, soprattutto per la
        storia che rappresenta la base. Sicuramente chi, come lei, l’ha vista attiva e in ottimo stato, le immagini raccontano altro, un lugubre luogo, ma il degrado in cui è stata lasciata la base e il vandalismo continuo, mostrano quello.

  1. Ora che, grazie a Carlo Cavicchio, sappiamo cos’è l’URBEX (esplorazione urbana) possiamo leggere con consapevolezza questo portfolio di Valentina Lucchinelli.
    La consapevolezza che la fotografia è un linguaggio ideale per rapportarsi in modo soggettivo con tutte le realtà, anche quelle che sono uscite dal novero di quelle a noi funzionali e che per ragioni varie sono state abbandonate.
    Il rapportarsi fotograficamente con questi temi offre l’occasione per maturare l’atto fotografico, ponendosi nel percorso che dalla composizione porta alla significazione della realtà.
    L’autrice, nella presentazione, ci offre chiaramente gli elementi per seguire questa sua maturazione, raccontandoci innanzitutto la storia di questo luogo.
    “L’occhio vede ciò che la mente conosce”, la fotografa prima ha caricato la mente di informazioni e poi la batteria della fotocamera e inserita in macchina una SD ben formattata.
    L’esplorazione del sito è stata, per l’autrice, in primo luogo un’esperienza di consapevole conoscenza diretta (perché informata) dove l’immersione totale in questa particolare realtà l’ha posta in rapporto con il “simulacro”.
    Simulacro perché della base NATO è rimasta solo l’immagine esteriore, dato che è stata svuotata di ogni funzione e apparato che era la ragione della sua realizzazione.Questo del simulacro è il passaggio decisivo, reso condivisibile dal portfolio.
    Nella sequenza fotografica che dall’esterno va all’interno dei locali, l’esplorazione del sito diventa narrazione grazie alla scelta di una rappresentazione simbolica.
    Il simbolo, composto dall’immagine e da un significato, è l’esito del processo di significazione, condotto dall’autrice, perché con la scelta compositiva si danno elementi per trarre un significato: il cartello di divieto e pericolosità, l’atmosfera dell’ambiente montano violato dall’insediamento e le parabole, il fattore di scala dell’uomo ritratto vicino alle enormi parabole, e poi il “non senso” dei locali abbandonati ormai in balia del degrado.
    Complimenti a Valentina Lucchinelli per il percorso virtuoso intrapreso che la porta a praticare a fotografia con spirito aperto a diverse esperienze che non mancheranno di ben formare la fotografa che sta crescendo in lei.

    1. Riesco a rispondere soltanto adesso: questo luogo ha ispirato subito una raccolta fotografica per poter essere raccontata, prima che il degrado lo faccia ulteriormente rovinare. Ha suscitato in me, nonostante lo stato di abbandono, una forte curiosità di esplorazione e sono contenta che lo abbiate apprezzato!

    1. Grazie Carmen, ho provato a documentare una realtà oggettiva, molto interessante per la nostra Storia.

  2. Normalmente pensiamo di vivere in un Paese “libero”, questo servizio fotografico e il commento costringono a riflettere. Personalmente il futuro tecnologico in questo settore mi fa paura. Giovanna La Bua Ass. Imago Palermo

  3. Abito in provincia di Parma e sono andato un paio di volte all’ex base nato LIVORNO. Non mi piacciono le foto in quanto non rappresentano affatto la realtà che ho visto, la quale, anche se oggi in disuso, rappresenta comunque un passato tecnologico glorioso. Un’opera di ingenieria delle comunicazioni eccezionale. Mi sarei concentrato su questo, ammesso che se ne abbia la conoscenza.

  4. La fotografia non è uguale alla realtà, ne è una rappresentazione secondo l’interpretazione del fotografo.
    Chi desidera rappresentare questo sito in modo diverso da questo di Valentina Lucchinelli, lo faccia e ci invii il suo lavoro; sarà un bel esercizio di pluralismo della visione.
    La libertà dell’interpretazione è fondamentale per la nostra pratica fotografica, lo è anche l’apertura alla visione dell’altro perché è un arricchimento per chi la guarda.
    Pertanto se non vi piace l’interpretazione di un altro fotografo, non vi resta che inviare la vostra.

  5. “La libertà dell’interpretazione è fondamentale per la nostra pratica fotografica, lo è anche l’apertura alla visione dell’altro perché è un arricchimento per chi la guarda. ” Mi ricollego a questa affermazione del Direttore, che condivido appieno. Proprio due giorni fa, a Colorno ho avuto l’occasione di vedere un progetto fotografico di altra autrice ambientato nello stesso luogo. E’ interessante poter cogliere nelle immagini non solo il soggetto rappresentato, quanto e soprattutto la visione personale, l’interpretazione dell’autore che diventano, a mio parere, il fulcro della rappresentazione fotografica.

  6. Buonasera a tutti, l’autrice di Colorno sono io, Elisabetta Prandi.
    Ringrazio per la citazione e non ho alcun problema ad inviarlo.
    Il mio portfolio non è un reportage o una documentazione di ciò che resta, bensì un “viaggio” che è iniziato grazie alla ex base Nato e mi ha portata a percorrere e dar voce a ciò che ho provato e vissuto entrandoci.
    Confermo che le visioni sono nettamente diverse e liberamente interpretate.

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