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Nan Goldin, Album di famiglia – di Massimo Pascutti

NAN GOLDIN, ALBUM DI FAMIGLIA – di Massimo Pascutti

Nasce a Washington nel 1953, da genitori ebrei appartenenti alla piccola borghesia, ma cresce a Boston. Nel 1965 , all’età di 18 anni, si suicida la sorella maggiore Barbara e questo evento segnerà in maniera indelebile la sua vita.

Nel 1969 se ne va dalla famiglia si trasferisce a New York e li inizia ad essere introdotta nei club underground e successivamente ad interessarsi di fotografia.

L’artista subirà il fascino di quel mondo eccessivo, sregolato, ma estremamente sincero e molti dei suoi migliori lavori avranno come sfondo il mondo notturno e le creature che lo popolano, anche se tutto ciò avrà come conseguenza la sua dipendenza da alcool e droghe.

All’inizio la fotografia di Nan Goldin è una sorta di diario che documenta la sua vita, una fotografia diretta , priva di costruzioni e astrattismi formali, un occhio umano che entra in empatia con i suoi soggetti con cui la stessa artista si identifica.

E’ un’artista che non lascia indifferenti ed ogni sua opera è un pugno allo stomaco, ci colpisce , ci rappresenta un mondo underground e dannato, fatto di tossici, drag queen, donne pestate, ma anche scatti pieni di amore per l’umanità.

Il suo stile diventa un’icona per la sua generazione difficile e assume un’ulteriore valenza dopo che le sue immagini e il suo personale impegno sono servite alla campagna di sensibilizzazione contro l’AIDS , dopo che tanti suoi amici sono stati decimati da questa terribile malattia.

Il grande progetto artistico e di vita di Nan Goldin è immortalare tutte le persone che conosce per le strade e nel sottosuolo della metropoli; il risultato è un monumentale diario visivo, popolato da amici e amanti, ritratti in momenti di intimità, in serate nei bar e nei club. Insomma un immenso album di famiglia.

Il suo stile è immediato, senza fronzoli , diretto, a volte crudo, grazie anche all’uso frequente del flash come sistema di illuminazione ( quante campagne pubblicitarie e non solo, sono state influenzate dal suo stile !), ma le sue fotografie hanno il grande pregio di essere sempre sincere e fanno conoscere alle nuove generazioni che non lo hanno vissuto, quel periodo così tormentato, denso di speranze e grandi drammi e delusioni.

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4 commenti

  1. Massimo Pascutti presenta la fotografa americana Nan Goldin. Mi fa piacere che sia un fotografo a farlo e non una fotografa, anche per liberare la lettura delle immagini dalla connotazione della militanza di genere.
    Le fotografe americane del dopoguerra hanno avviato un linguaggio fotografico che ha spostato la fotografia dall’essere un produttore di estetica al diventare un produttore di senso. Diane Arbus (1923- 1971) è stata l’antesignana di questo profondo mutamento, in particolare verso l’opera di Nan Goldin, viste le tematiche da lei affrontate che si incentrano sull’osservazione dell’intima natura umana.
    La fotografia di Nan Goldin essenzialmente mostra persone e senza giudicarle le rappresenta con occhio libero dagli stereotipi e dai moralismi.
    A differenza da Diane Arbus che fotografava in B/N, la Goldin fotografa a colori, e mentre la prima cercava di rappresentare l’immaginario individuale del soggetto rappresentato, la seconda cerca di cogliere con crudo realismo attimi veri dell’esistenza delle persone, nei quali vengono espressi sentimenti di vario genere.
    Nelle fotografie della Goldin si avverte una costante: tutte le trame della vita lasciano segni sul corpo. O meglio dai segni sul corpo si legge la vita della persona ritratta, siamo nell’ambito del linguaggio metonimico, perché si mostra l’effetto per parlare della causa.
    Il repertorio tematico che emerge dalla selezione scelta da Pascutti ci parla dell’umanità metropolitana, in larga parte femminile, in diversi suoi aspetti: la maternità, l’amplesso amoroso, il gioco erotico, la violenza sulla donna, l’omosessualità, il dramma dell’AIDS.
    Ci sono mostrate figure dai volti sognanti, feriti, trasformati, felici, tutti chiusi dentro la loro storia che, attraverso l’apparente evidenza, ci introducono nel mistero della loro esistenza.

  2. Sono molto contenta che un uomo abbia scritto della grande Nan Goldin. Massimo Pascutti con grande sensibilità e precisa sintesi ci racconta l’importante opera di questa artista che tanto ha contribuito a dare vita a quel filone della fotografia dedicato alla “vita intima”. Le sue immagini possono essere , a tratti, anche respingenti e irritanti ma superato il primo impatto si riconosce una documentazione sincera della sua vita privata o meglio della sua grande, particolare famiglia, che era nata per un suo reale bisogno di immortalare le persone a cui voleva bene e trattenerle per sempre con sé. La sua è stata una vita molto difficile e quando ha dato vita a molte delle sue immagini più famose e più forti era ancora molto lontana dal mercato dell’arte dove ha raggiunto risultati strepitosi. Credo che parte del suo successo sia iniziato per la genuinità delle sue fotografie che ci documentano quel che davvero erano gli anni ’80 e cioè gli anni della nuova peste AIDS e di tutte le sue conseguenze.

  3. Sono le fotografie più oneste che io abbia visto in questi ultimi anni sfogliando libri di fotografia.
    Immagini crude ,sincere ,dirette, scatti spontanei di vita reale .
    In una intervista di Luca Panaro , Nancy Goldin risponde alla domanda del critico: Quando sono davanti ai soggetti non esiste la macchina fotografica, esiste una relazione , accetto le cose cosi’ come sono non proietto niente di me stessa sui soggetti , non ho pregiudizi ,non ho aspettative . Ciò che mi spinge a fotografarli sono i sentimenti che nutro nei loro confronti , amore, rispetto,affetto, non devo farli sembrare qualcosa che loro non sono,ne imprimere su di loro il mio segno .
    Un diario scritto con la luce che diventa autenticità e testimonianza della sua vita .
    Grazie a Massimo Pascutti , con questo post mi hai obbligata a tirare fuori i libri di fotografia che ho nei cassetti di casa che mi parlano di questa artista straordinaria .

  4. Grazie a Marco Pascutti conosco Nan Goldin. Il mio interesse rivolto a Diane Arbus mi ha fatto trascurare una grande artista che ben rivela, in maniera forte e diretta, quel difficile periodo in cui è vissuta, ritraendo le sue persone con crudo realismo, ma anche con tanta partecipazione umana ed affettiva. Grazie ad Agorà di Cult sono sollecitata ad approfondire ed ampliare le mie conoscenze fotografiche. Quanto studio ancora!

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