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Cambio di destinazione d’uso – di Marco Finelli

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Sulla SS9, comunemente chiamata via Emilia, di giorno e di notte, la storia si ripete sempre uguale. Di giorno, un continuo ed incessante via vai di ogni sorta di mezzo.

Un frenetico e costante passaggio di migliaia e migliaia di persone intente a rincorrere chissà quali obiettivi e chissà quali ambizioni. Persone che rincorrono freneticamente la missione della propria vita, quella pubblica, quella che si può raccontare, quella della quale non c’è nulla di cui vergognarsi.

Poi, lentamente, arriva il tramonto e allora tutto cambia e si trasforma. Qua e là si accendono le prime luci e con esse compaiono loro. Sono rumene, albanesi, brasiliane, nigeriane, bulgare, ucraine, cinesi ma anche italiane. E’ un vero e proprio “cambio di destinazione d’uso” e ogni luogo assume una nuova connotazione ed una nuova identità. Gli stessi posti che fino a poche ore prima erano simbolo di vigore e civiltà diventano d’un tratto luoghi immorali, luoghi di perdizione, luoghi che non si possono più raccontare o in alcuni casi più semplicemente luoghi di rifugio, lontano poche ore dalla quotidianità, eppure così distanti.

Note biografiche

Sono nato a Parma nel 1974, ho conseguito il diploma di maturità artistica in disegno di architettura presso l’istituto statale d’arte P. Toschi ma dopo alcuni anni ho abbandonato la produzione artistica per intraprendere l’attività artigiana di famiglia. Dopo diversi anni d’inattività mi sono riavvicinato all’arte attraverso la fotografia digitale con la quale provo a comunicare con il mondo che mi circonda. Sono convinto che la fotografia sia un ottimo strumento d’indagine e divulgazione.

Cambio di destinazione d’uso

di Marco Finelli

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4 commenti

  1. “Cambio di destinazione d’uso”, di Marco Finelli, è un opera animata da un’idea concettuale perché le immagini si giustificano da un concetto: il medesimo paesaggio urbano visto diurno e notturno.
    Quest’opera ha vinto la sezione tematica “L’ordinario quotidiano” al Colorno Photo Festival del 2015.
    Le immagini a dittico presentano coerentemente la medesima gabbia concettuale: il giorno nell’immagine superiore, la notte in quella inferiore.
    L’autore ha cercato di mantenere costante il punto di ripresa nei due diversi scatti, è proprio questa scelta che accende la forza di senso del dittico.
    E’ con questo immediato confronto dei due contesti urbani sorpresi in due ore del giorno che l’autore rende rivelatore il suo messaggio.
    Rivelatore perché offre elementi di riflessione sul comportamento e i costumi che tutti vediamo nelle nostre città e non ci sorprendono più.
    Complimenti all’autore per l’efficacia della sua opera nell’affrontare una tematica così spinosa, affrontata con uno sguardo equilibrato nel rapporto con questo complesso fenomeno di costume.

  2. Conosco Marco da diversi anni, da quando lungo via D’Azeglio a Parma esponeva le prime foto frutto di un corso fotografico.
    In questi anni ha lavorato tanto e continua a ricercare una sua via, in questo lavoro e in quelli successivi ha trovato una sua dimensione, la visione tipicamente influenzata dalla scuola Emiliana ci porta a contatto con una realtà che le zone periferiche delle nostre città ci mostrano quotidianamente.
    Ormai sono talmente presenti che non ci scandalizzano nemmeno, a nessuno passa per la testa i mondi che ci sono dietro alle persone in vendita e chi ne usufruisce.
    E’ un progetto che benissimo si addice al tema “Capolinea” perchè questo è un capolinea visibile ed invisibile della nostra società.
    Tutti lo accettiamo, ma nessuno si ferma ad analizzarlo profondamente.
    Bravo Marco ci hai mostrato quello che spesso i nostri occhi schivano !!

  3. Può esserci una fotografia di genere femminile e uno maschile? Gli ultimi portfolio sull’Agorà potrebbero confermarlo. Mi intriga molto questo pur nella sua semplicità compositiva, moltissimi i rimandi, le similitudini, le analogie e i temi tipici da cinefili. Stare lì ad aspettare, guardare e poi fotografare. Ritornare lì e riaspettare, riguardare e poi rifotografare. Tipica situazione del voyeurismo a tutti i livelli, fare della fotografia ne è parte. Documentare aree di servizio di giorno e di notte, il “fare benzina” in un distributore automatico, mettere la pompa nel serbatoio dell’amata automobile è un gesto tipicamente maschile, che si può replicare la notte, con altri soggetti ma sempre pagando. Sulla strada, a fianco della mitica Via Emilia, quasi dalle mie parti. On the road padano, insegne al neon, passanti e passeggiatrici, pompe e rullini. Serve perseveranza e anche un poco di coraggio per questo ottimo lavoro. Complimenti all’autore.

  4. Una visione hopperiana, che concede tante letture.
    È vero, pagando si può ottenere tutto, purtroppo è il cancro della nostra civiltà, però a volte, nella nostra frenesia ci accorgiamo che dietro a questi piani sequenza ci sono persone, donne e vite, parallele, come le lineee che dividono i dittici.
    È vero, è un bel lavoro.

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