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La pesca a Nungwi (Zanzibar) – di Marina Labagnara

 
 
 
 
 
 
 
Nungwi è un piccolo villaggio di pescatori sulla costa nord dell’isola di Zanzibar, dove ogni sera verso il tramonto ed ogni mattina all’alba, si rinnova il rito della partenza e arrivo dei Dhow, le tipiche imbarcazioni a vela latina costruite dagli stessi pescatori, nel cantiere adagiato sulla candida spiaggia all’ombra delle gigantesche palme.
 
 

La pesca a Nungwi (Zanzibar)

di Marina Labagnara

 

 
 

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7 commenti

  1. La pesca a Nungwi (Zanzibar), di Marina Labagnara, è un’opera narrativa tematica per l’interpretazione soggettiva di un’attività di pesca in oriente.
    La fotografia può essere un’ideale compagna di viaggio quando si spinge nella rappresentazione che va oltre il ricordo, per entrare nell’interpretazione personale della realtà.
    Per l’immaginario creativo di noi occidentali, il porsi in relazione con un attività umana arcaica come la pesca condotta con barche a vela, è sicuramente un’esperienza forte per la scoperta di cosa l’uomo è capace di fare con le sue mani aiutate da umili mezzi.
    E’ inevitabile sentire il ritorno a una dimensione esistenziale particolarmente usurante che trova l’abilità umana al centro nello sfidare il destino. Davanti a questa condizione estrema l’autrice ha sentito e rappresentato l’aura di questa alterità e con le sue immagini la condivide con noi, mostrandoci: solennità, fatica… ma anche la bellezza e l’armonia tra gli uomini e la natura.
    Complimenti Marina Labagnara per essere riuscita a cogliere i valori autentici di questa cultura tanto lontana dal nostro mondo.

    1. Ringrazio il Direttore Silvano Bicocchi per aver pubblicato e letto in modo sapiente il mio lavoro, grazie poi ancora per i complimenti che sono anch’essi di stimolo a proseguire la strada della fotografia.

  2. Il lavoro di Marina Labagnara, appare subito distaccarsi da un puro e semplice reportage di viaggio, per l’originalità dei tagli compositivi e per il sapiente uso della luce: questo ad una prima e superficiale lettura. Dopo un’attenta rilettura risulta evidente la felice descrizione, personalmente interpretata, del duro lavoro dei pescatori di Nungwi. Complimenti a Marina per l’ottimo portfolio presentato.

  3. Bello scoprire le diversità di opinione e visione che ognuno di noi ha sulle cose del mondo, quello vicino ma, anche, quello lontano; quello che non ci appartiene perché è dall’altro capo del mondo! come si narrava nei racconti di avventura.
    Eppure si scopre che Marina Labagnara, chissà se volontariamente, è riuscita nell’intento di raccontarci della pesca come ritualità sacra, per noi quasi metafora religiosa. La pesca, quella rispettosa, sostiene il corpo e l’animo, da sempre immagine del dono che la terra ci elargisce.
    Un lavoro semplice ma intenso, che ci mostra come spolverare dai nostri lavori vacanzieri la polvere del déjà-vu.

  4. Da bambino mi portavano alla fiera del paese, era una vera gioia quando nella pesca di beneficenza riuscivo a vincere un pesciolino rosso, con estrema attenzione e cura lo portava a casa dentro un sacchetto di plastica pieno d’acqua, per metterlo nel vaso di vetro della nonna dopo averlo svuotato, mangiandoli, dei biscottini. Per anni ho creduto che tutti i pesci fossero piccoli e rossi, poi è arrivata la fotografia a togliermi la magia. I pesci per quella d’autore sono solo in bianco&nero, sono cupi, come quelli visti anni fa nel libro Equador del grande Gian Paolo Barbieri, come quelli visti domenica nella chiesetta sconsacrata di San Guglielmo a Ferrara, nella mostra Mare Omnis del grande e poco simpatico Francesco Zizola. Entrambi testimoni e cantori, usando un bianco e nero “drammatizzato, di un’attività dell’uomo sempre uguale a se stessa da millenni. Similarmente come proposto dalla brava autrice in questo suo lavoro, con inquadrature in linea con gli ultimi portfolio visti in giro. Io però ho nostalgia del pesciolino di colore rosso allo stesso modo di una fotografia più leggera e ironica, magari colorata.

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